0004 Appello Esame di coscienza VX

 VOCE VOCE VOCE (PAS (19920218

 UN BUON ESAME DI COSCIENZA

PER TUTTI!

Riflessione per i giorni nostri!

(Da un manoscritto della Voce del 1992, ritrovato da poco tempo).

… 

Il mio appello è per tutti coloro che hanno ascoltato la Voce, almeno per una sola volta. A maggior ragione è valido per tutti coloro che hanno ascoltato per anni e anni, dicendo: “Ch’è Bello!?”, “Ch’è bello?!”.

Quante primavere sono passate nella nostra vita dal 1988?

Quanto attesa c’è stata per noi?

Quanto cose ci attendevamo?

Quanto sono state le nostre speranze di guarigione, di liberazione?

A quanti miracoli abbiamo assistito?

Quanto Parola di Dio abbiamo ascoltato?

Quante difficoltà abbiamo creato a nostro Signore?

Forse c’è qualcuno che dirà: “Ma io non ho creato alcuna difficoltà a Gesù!”.

Lavorando sul Messaggio affidato a noi, sul messaggio di Gesù di Misericordia per gli uomini degli “Anni Novanta” e gli “Anni Duemila”, sono sempre più convinto che non ho fatto quanto dovevo e come dovevo. Ufficialmente l’ho fatto seguendo la prudenza della Chiesa tradizionale, che, in queste cose straordinarie e mistiche, ha cercato sempre di attendere, attendere, attendere e mai hai sfidato i contemporanei, riconoscendo nella realtà mistica, da subito, l’operato di Dio, la realtà mistica di Dio, che comunica sempre in anticipo, ai suoi figli diletti, ciò che sta per accadere, perché ciascuno si muova nel senso giusto, perché ciascuno accolga direttamente da Dio la sua divina e splendida volontà. Dio ama immensamente gli uomini “sue creature”, gli uomini “suoi figli”.

E oggi assistiamo impassibili all’amore che Dio sta manifestando, non solo verso i suoi figli, ma anche verso le sue splendide creature, che per la fame, per la carestia, nei luoghi di origine, si stanno riversando in Europa per trovare di che vivere, di che mangiare.

Ma noi non ce ne accorgiamo, ma noi preghiamo, stiamo chiusi nei nostri cenacoli a pregare, a dire Pater nostro e Ave Marie con il Gloria al Padre che non viene mai per le nostre azioni coraggiose da prendere e rendere visibili verso le creature che a noi oggi si presentano.

Abbiamo paura!

Deleghiamo generosamente il compito della Misericordia alle opere civili dello Stato, che fa disperdere i beni della provvidenza in altre destinazioni, in tasche non aperte dal Signore, ma da “colui che non è”.

 

Diamoci da fare! E’ il momento di rimboccarci le maniche e operare nella vigna del Signore. Non parole, ma fatti!

Le parole le abbiamo ascoltate, ma non le abbiamo fatte fruttificare, non le abbiamo fatte divenire realtà. Neanche abbiamo lavorato per il messaggio da comunicare agli uomini attraverso la Chiesa.

E’ ormai tempo di risvegliarci dal sonno, di unire le nostre forze, per consegnare al più presto tutto ciò che abbiamo ricevuto e conservato nei nostri insicuri scrigni.

Ripeto che il mio appello è rivolto semplicemente a tutti coloro che hanno ascoltato, hanno seguito la Voce di Dio nelle sue peregrinazioni, la Voce che risiedeva e risiede ancora nelle povere spoglie di una semplice donna del popolo, dalla vita difficile, dalle vie petrose e spinose percorse nella sua umile e semplice vita terrena.

 

… Che ha fatto con me Gesù? Questo ha fatto. Lodato e ringraziato sia il suo santissimo Nome! Egli che ha avuto pietà di me, delle mie povere lacrime, della mia nudità, della mia imperizia passata, di tutto un mondo in cui, per mia rovina ero stata gettata dal vile masnadiero? Gesù santissimo, nel cui Cuore albergano poveri peccatori e misere peccatrici come me, questo ha fatto, manifestando, prima che agli altri, a me, “Sua Salvata” ed ora “Sua Serva”, la sua possente Mano, la sua soavissima Misericordia.

 

Questo io vorrei che Lei spiegasse di Me, Padre, quando un giorno Le si chiederà “Chi era la Voce”. La Voce era “una Salvata da Gesù, una donna perdutasi, da Lui incontrata e da Lui Salvata”. Una Donna che per amore aveva tanto penato, perché l’amore non lo aveva conosciuto, lo aveva scambiato, lo aveva svilito, vivendo qui sulla terra, memore, però, di un “Altro Amore”, quello Vero, quello Eterno, quello Santissimo.

Sì, Padre, perché ognuno di noi portiamo quaggiù il tesoro, di cui abbiamo goduto là, sulla “Terra Promessa” dal Padre. Di là veniamo e là ritorniamo, sempre che con Lui, Gesù di Misericordia, viviamo.

Questo, Gesù è venuto a dirci Duemila anni fa! Questo, è ritornato e ritorna a dire tutte le volte in cui il Padre Santo, l’Altissimo Dio, lo permette. E questo ha detto nella Sua Soavissima Preghiera delle ore Tre, quando ogni giorno ha riunito le Soavissime Ancelle della Sua Preziosa Croce di Misericordia.

 

Quale male, quale, mio Buon Padre? Nessun Male!

Può mai esserci Male in un Cenacolino, voluto da Gesù sulla Croce, dove sono state e continuano ad esserci, per sua particolare Bontà, più Persecuzioni che altro?

Quale pericolo, dove Gesù ha messo le Tende fuori dal mondo, pure restando in mezzo al mondo? Bandendo da noi ogni lusso e soavità, tranne che quella della Sua Soavissima Parola, che ogni giorno ci ha invitato ad adorare e benedire ed osservare?” … (Sr. Paolina Maria di Gesù).

 

Sono sicuramente sufficienti queste splendide parole per Voi tutti, meno che a me, che ho cercato di segregarle, con la scusa della ancestrale prudenza ecclesiale.

Ho sicuramente sbagliato, ma oggi mi rivolgo direttamente a ciascuno di voi che avete ascoltato, anche una sola volta, la Parola che Dio ha pronunciato alla nostra presenza, perché noi la vivessimo e la comunicassimo agli uomini del nostro mondo. Il tutto è frutto della Misericordia di Dio Padre, di Dio Figlio e di Dio Spirito Santo, che si è presentato a noi, quotidianamente sotto il dolce appellativo di “Gesù di Misericordia”.

 

E un giorno, Gesù disse a frate Leone compagno di Francesco: “«Io ho di che lamentarmi, riguardo ai frati, «su tre punti.

Primo, perché non sono riconoscenti per i benefici che, come tu sai, ogni giorno io largisco loro generosamente, dando ad essi il necessario, sebbene non seminino e non mietono (Lc 12,24).

Secondo, perché passano tutta la giornata in ozio a brontolare.

Terzo, perché spesso si adirano vicendevolmente e non tornano a volersi bene, perdonando l’ingiuria ricevuta»” (FFF 1675).

E dopo aver sentito per infinite volte la dolce Parola di Gesù, non ci siamo neppure innamorati talmente da fare pazzie per Lui, non solo non siamo arrivati a provare dolcezza nel pronunciare il suo Nome, ma nemmeno abbiamo lasciato agli altri questo piacere. Abbiamo cercato di starcene chiusi in noi stessi e nelle quattro mura, giorno dopo giorno.

Ecco che san Francesco ci insegna sempre qualcosa di buono e di santo.

 

Dicono le Fonti: “Francesco … Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù, infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole” (FF 470).

 

E a noi, dopo avere ascoltato le dolci parole di Gesù, un giorno dopo l’altro, un mese dopo l’altro, un anno dopo l’altro, per ben 24 anni, non ci è rimasto niente. Ci siamo fermati là dove eravamo, rintanati nelle nostre case, intestarditi a non volere abbandonare le nostre posizioni, per affrontare il mondo, per vivere la Misericordia, in questo Anno del Giubileo sulla Misericordia.

Non pensate che sarebbe l’ora di uscire dalle nostre tane e ritrovarci insieme per testimoniare l’amore grande di Gesù per noi? Che ce ne facciamo dei chiusi Cenacoli, senza vita, incollati a qualche esperienza positiva del passato. Come posso fare per convincervi, per spingervi con forza a fare passi avanti, per tirarvi a strattoni fino a Lui, che, oggi, più che mai, si trova a ogni angolo di strada.

Ecco cosa diceva nel 1990.

 

Gesù qual cane randagio ha fame.

(Ho Fame. Gesù cane randagio 19901112cs B3brano.mp3)

Ma perché? Perché tutto questo? Vi chiedete, ahimé, che cosa è successo, cosa è avvenuto a questo uomo che è talmente sbandato, così disorientato, così totalmente sconfitto, così annuvolato, terribilmente arruffato, disordinato, sconvolto, egoisticamente chiuso nel proprio io, senza interessi, che lo portino appena appena fuori da quello che è il proprio stipite della propria casa.

Come pensate di potere reggere all'urto fatale che incombe sopra di voi, sapendo che, in questo modo, voi certamente siete cagione, non soltanto della fine ignominiosa vostra, ma anche dei vostri fratelli, non solo di quella spirituale, ma certamente, presto, anche di quella terrena, di quella materiale.

                                            

Voi lo vedete, o amici miei, quante persone vengono da fuori, irresistibilmente chiamati verso il vostro paese, assetati, ignudi, impolverati, affamati. Essi si annidano lungo le strade, ai crocicchi vanno in cerca di lavoro, vanno in cerca di pane, vanno in cerca di chi l'aiuta.

E le donne, poi, trascinano disperatamente, al seno avvinti, i pargoletti, oppure li tengono per mano, malsdruciti i loro vestiti, inzaccherate le loro scarpe, i loro capelli inumiditi dalla pioggia e, certamente, esse vanno, di strada in strada, supplicanti, facendo, tutti all'unanimità, tutti la stessa VOCE: Io ho fame, fratello, ho fame!

Ti prego, fratello, non andare avanti e non chiudere la porta, poiché io sono qui, sono qui, sono venuto da lontano! Lo vedi? Non ho niente! Ho lasciato tutto, il mio paese, la mia povera casa, i miei parenti, vicini e lontani e sono corso qui, perché tu, che dovevi venire da me, non sei venuto. Ed allora, lo vedi, fratello, io sono venuto fino a te, fino alla tua porta. E adesso, no, fratello! No, no! Non mi deludere così, non mi distruggere, non mi abbattere, fratello, no! Non chiudere, non chiudere tu, adesso la tua porta, in faccia a chi ti implora, a chi ti supplica, a chi viene da lontano stanco e mezzo tramortito, a chi ti dice: Ti prego, fratello, solo una briciola, soltanto una piccola parte delle tue cose. Abbia pietà! Non mi abbandonare! Non mi lasciare lungo la strada, non chiudere la tua porta!(Fame Gesù cane randagio 19901112cs B3brano.mp3).

 

 

UN MEMORANDUM PER L’ANNO GIUBILARE DELLA MISERICORDIA.

 

Oggi, nel giorno della Festa di San Bonaventura, e sotto la sua ispirazione voglio iniziare un memorandum straordinario e particolare, così come straordinario è l’Anno della Misericordia, proclamato da Papa Francesco.

Tutti siamo riconoscenti a Papa Francesco, che ha intrapreso questa strada, per ispirazione divina. Siamo riconoscenti a lui che ci invita ad uscire dai nostri nascondigli, dalle nostre riserve, per potere onorare la Divina Misericordia, e, in particolare, dobbiamo dire, per andare incontro a Gesù di Misericordia, che, per ben 24 anni ci ha accompagnati su una strada impervia, proponendoci di intraprendere la via della Misericordia del Padre.

Il Messaggio che ci è stato consegnato è ancora nelle riserve umane.

La prudenza della Chiesa, così come, infatti, è successo in tutti questi anni, ha dei limiti. A un certo punto bisogna anche uscire dai nostri nascondigli, dai nostri umani ricoveri, dai nostri tuguri, dai nostri detti: “Io sono a posto, io prego, io continuo la preghiera della Misericordia, ma degli altri non mi interessa. Io non ti litigo, io non vado sbraitando a destra e a manca, io faccio il mio dovere, io sono riconoscente verso la Voce e verso il Signore, per tutto quello che ci ha dato”.

 

Io, Io, Io! Ma non sapete che, in questo Io, si nasconde “colui che non è”? L’abbiamo forse dimenticato? Abbiamo dimenticato quel rimprovero che il Signore mi ha fatto a riguardo, parlando dell’attività pastorale?

 

Gesù ci vuole guarire. Gesù ci vuole liberare. Gesù ci ama!

Questo la Chiesa lo sa e lo sapete meglio di me (è la Voce che parla), voi, Vescovi, Cardinali, Prelati, Parroci e Frati!

Perché, dunque, tanta opposizione? Perché?

Sì, lo so! Perché la Chiesa è cauta. La Chiesa è lenta, ma ‘nihil obstat’ in ciò che Gesù ha detto e dice, tranne una cosa, una cosa che Gesù non perdonò, né accolse, anche quando era sulla terra: l’ipocrisia. E’ questa, mio buon Padre, ce n’è sempre ad iosa, ovunque e sempre …

Il dono della Parola ce l’ha chi Dio vuole, non già chi vuole costruirselo … Io ho cercato in mille modi di farlo intendere ma non sono mai in ciò riuscita …” (Vox 19920218MS, Epistolario VOX_X_PA).