“Ti metto addosso dei vestiti, delle maschere, dei ruoli, che tu non sei e ti vedo non per quello che sei ma per quello che io ti ho messo addosso”.
La proiezione è così: vede quello che vuol vedere. Poi quando si scopre che l’altro non è così, si rimane delusi: “Non sei come pensavo!”. No, non lo è, ma non lo è mai stato. Eri tu che vedevi quello che non c’era. La proiezione ci impedisce di vedere l’altro per quello che è, ci impedisce di amarlo. Lo amiamo, infatti, non per quello che lui è (la realtà), ma per quello che noi vogliamo che sia.
Tu hai la tua idea di capo, amico: ne arriva uno nuovo. Proietti la tua idea su di lui: non è come te, come tu vorresti, come tu pensavi e rimani deluso. Allora dici: “Non mi piaci!”, che vuol dire: “Non sei come ti volevo, secondo i miei schemi”. E lo rifiuti. Anzi dopo un po’ gli dici: “Mi hai deluso”. No, non ti ha deluso lui, è che tu ti eri illuso e avevi visto in lui cose che non c’erano ma che volevi vedere.
Quanti matrimoni nascono così! Lei sposa lui perché lo vede forte, vede in lui il suo paladino e colui che le garantisce sicurezza e forza. Ma è quello di cui lei ha bisogno, non quello che è lui. E, infatti, poi lui si rivela come uno che non parla, uno che magari più che forte è violento, uno che non sa essere affettivo. “Non sei più quello di una volta; non sei quello che ho sposato; non eri così prima di sposarci!”. Sì, lo è sempre stato è che tu vedevi dell’altro; tu vedevi quello che avevi bisogno di vedere, quello che serviva a te vedere”.
Così abbiamo bypassato i suoi sentimenti quasi fino a credere che nella sua perfezione non ne avesse: non abbiamo visto un uomo che ha pianto, che si è disperato, che è stato angosciato, che ha avuto paura, che ha vissuto rifiuto, incomprensione, derisione e via dicendo.
Il grande passaggio della vita è poter vedere le cose, le persone e Dio stesso, per quello che sono e non per ciò che noi vogliamo che siano. E’ per questo che siamo poi così delusi e diciamo: “Non eri come pensavo!”. No, non lo era, ma non lo è mai stato. Sei tu che lo speravi e che lo volevi diverso.
Vi siete mai innamorati? Se vi siete innamorati, se avete perso la testa e fatto cose pazze per qualcuno, se vi è capitato almeno una volta di vedere il mondo come un paradiso e un immenso giardino fiorito perché qualcuno vi ha detto che vi ama.
Se non vi siete mai innamorati, lasciati andare, abbandonati alle emozioni del cuore e agli slanci dell’anima, non potrete mai conoscere, un innamorato, un passionale, un fuoco che riscalda, brucia, infuoca chi lo incontra.
Non si possono capire queste cose. Hai mai visto certi volti dopo l’amore? Hai mai visto certe facce piene di vita, di solarità, di voglia di vivere? Hai mai visto il volto di un bambino cullato nelle braccia di sua madre? Hai mai visto gli occhi di una donna quando vede suo figlio dopo il travaglio e il parto?
Se tu conosci l’amore, se tu sai cosa vuol dire innamorarsi, stupirsi, commuoversi, tu comprendi benissimo cosa vuol dire vedere il sole nel volto della tua amata, la luce negli occhi di tuo figlio, l’immenso nella faccia di tuo marito, le stelle, l’universo e tutti i soli che ci sono, negli occhi di qualcuno che ti vuole bene.
Vi succede mai di piangere davanti ad un volto, ad un tramonto? Vi sentite mai pieni di gioia, da commuovervi, da piangere, da non poter tenere la gioia delle lacrime?
Quando guardo i ragazzi a scuola o nelle attività parrocchiali e vedo quanto sono belli nel loro cuore, quante ricchezze hanno, quali doti, e poi vedo le loro famiglie, i problemi, le situazioni (e tu sai che in quel terreno sarà difficile crescere, che in quell’altro sarà quasi impossibile, che in quello sarà semplice), io non posso non volergli bene; quando li guardo mi commuovo, sento che vorrei abbracciarli tutti, baciarli e dire loro: “Siete grandi, diventate le bellezza che siete”.
Quando vedo le persone che raccontano le loro storie, le loro ferite, i loro traumi, i loro pianti e a volte le loro tragedie; quando sento cos’hanno passato o vissuto io sono toccato nel profondo e non posso non piangere o commuovermi, perché sento il loro dolore (che rimane loro): lo avverto, lo percepisco.
O quando si vincono delle battaglie, si fanno delle conquiste, si superano delle paure, delle barriere che sembravano insuperabili; o quando succedono delle cose impensabili e meravigliose o quando si aprono degli spiragli inattesi o quando si guarisce fisicamente o nell’anima o ci si trasforma e si diventa belli e splendenti come il sole e si ritrova finalmente la propria vera figura, allora io non posso non piangere dalla felicità, dalla gioia e dalla commozione.
Di fronte alle conquiste di un bambino, alle sue “uscite”, ai suoi occhi, di fronte a certe situazioni, a certi momenti, non si può che non stupirsi, meravigliarsi e sentire tutta la forza, la bellezza e l’intensità della vita che ti entra dentro.
Una volta pensavo che commuoversi volesse dire essere deboli. Ma oggi so che vuol dire essere vivi, vuol dire sentire ciò che tu vivi, ciò che gli altri vivono; vuol dire lasciarsi toccare, lasciarsi colpire da ciò che succede, non essere freddi come il ghiaccio o impenetrabili come il marmo.
Sono momenti in cui si afferma con assoluta certezza che vale la pena di vivere, anche solo per questi momenti; sono i momenti in cui ci si sente grati di essere a questo mondo e di aver avuto la grande possibilità di esistere. Sono i momenti che ti danno l’energia, la fiducia, la forza e il coraggio di andare avanti e di affrontare le discese, le croci e le crocifissioni di ogni giorno.
Senza questi sprazzi di gioia, di felicità, di vita, di infinito, di “Dio”, che ti permettono di affrontare anche i momenti in cui tutto diventa drammatico, angoscioso, “nero”, indegno di vivere o uno schifo.
Ma bisogna permettere alla felicità di entrarci dentro; bisogna lasciare che la vita ci invada, bisogna lasciare che la vita viva in noi, che sussulti, che si muova, che nasca. Altrimenti, immersi nell’oceano, cercheremo l’acqua.
E se tutto questo, qualche volta, non vi succede, è meglio che vi fate curare. Se non vi accade, è meglio che vi chiediate se il vostro cuore vive ancora o se è già morto. Perché lo stupore dice quanto siamo vivi.
Quando ci innamoriamo facciamo esperienza di trasfigurazione.
Cioè: vediamo nell’altra persona delle cose che solo noi vediamo (a dir la verità, a volte può anche succedere che vediamo cose che neppure ci sono!!!).
Quando nel buio di una situazione entra una luce, quando eri perso e ti ritrovi, noi facciamo esperienza di trasfigurazione (“ero perso, ma tu mi hai ridonato la luce”).
Quando scopriamo che la nostra vita così piccola e insignificante rispetto al mondo e ai sei miliardi di uomini, ha un senso e uno scopo preciso, noi facciamo esperienza di trasfigurazione.
Quando vediamo, scorgiamo, percepiamo la bellezza di una persona, la forza, la sensibilità, la ricchezza anche se da fuori non si vede, questa è trasfigurazione.
Trasfigurazione è vedere le persone per quello che realmente sono, per quello che realmente sarebbero; è vedere la loro faccia vera, il loro vero volto, la loro figura come è stata creata da Dio, non deformata dai giorni, dalle paure, dal dolore, dalle ansie e dalle angosce della vita.
Se vi capita di piangere di gioia, di sentirvi così felici da toccare il cielo, da poter dire: “Signore sono così felice, che adesso potrei anche morire, perché quanto ho vissuto mi basta, mi riempie”; se vi capita di essere così pieni, così ricchi da sentirvi in cielo, immensi, da chiamare le stelle sorelle, e i pianeti fratelli, da sentirvi caldi come il sole, o profondi come il mare, beh sappiate che questa è trasfigurazione.
Il mondo vi dirà che siete matti, e continuerà ad essere infelice. Ma voi continuate a sentirvi matti; forse vi sentirete un po’ diversi, ma sarete davvero tanto, tanto felici.
La vita ci chiama a tagliare tutti i cordoni ombelicali (dipendenze) per poter nascere e vivere ogni giorno.
Se al bambino non fosse tagliato il cordone ombelicale morirebbe: non tagliare certi legami (cioè cambiarli, renderli più liberi o veri, chiuderli, perdonarli, modificarli, trasformarli) ci fa solo morire.
Ma c’è un cordone ombelicale che non si taglia. Il legame con Dio rimane per sempre.
Questo legame rimane in eterno, questo cordone è d’acciaio e non si può troncare. E per quanto in basso tu cada o vada, questa corda ti terrà, e tu non ti perderai”.
Le tue convinzioni diventano i tuoi pensieri.
I tuoi pensieri diventano le tue parole.
Le tue parole diventano le tue azioni.
Le tue azioni diventano le tue abitudini.
Le tue abitudini diventano i tuoi valori.
I tuoi valori diventano il tuo destino.
Basta una semplice credenza non vera,
basta un vedere ciò che non c’è
per vivere, credendo che sia vita,
una vita che non esiste e di illusione.