I CIRENEI NELLA SOFFERENZA E NEL DOLORE


                                                                                            

 

SAPPI RIFLETTERE

SULL’AMORE DI GESU’

VERSO GLI UOMINI DI OGNI TEMPO.

COME SI PUO’ RIMANERE INSENSIBILI

DINANZI A QUESTE STUPENDE PAROLE.

PERCHE’ NON FARNE TESORO?

PERCHE NON ASCOLTARE LA VOCE DI GESU’

CHE SPASIMA D’AMORE PER CIASCUNO DI NOI?

PERCHE’ NON LO ASCOLTIAMO?

SOLO PER MEZZO NOSTRO

VUOLE EGLI PUO’ RAGGIUNGERE TUTTI GLI UOMINI …

 

29 GENNAIO 1996

 

01. – Il dolore per riscattare se stessi e gli altri.

(FV 290196LcsB n01 Catechesi)

 

 

Alla preghiera della sera del lunedì, ore 21.

 

La Pace del Signore si posi su ciascuno di voi.

Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Sia pace, pace nei vostri cuori, pace nelle vostre menti, pace nel vostro spirito. Siate nella pace.

 

O figli della luce, o figli dell’amore, o figli della santità di Dio, sono Gesù, Gesù di Misericordia, che voi attendevate.

Sono Gesù calpestato, deriso e calunniato.
Sono Gesù offeso, maltrattato, denudato.

Sono Gesù, venuto a cercare ricovero in questo luogo, perseguitato, costretto a fuggire, a vagare da un luogo all’altro, perché non accolto, perché non amato, perché non corrisposto.

Il mio cuore, fratelli, sorelle, amabili miei, è vostro e voi lo sapete. L’ho donato a voi fin dal momento in cui sono venuto giù sulla terra. Ed è ancora vostro, nonostante le pene e i dolori, nonostante le afflizioni, nonostante le brutture, le calunnie, i peccati, i tradimenti, le negligenze, le esasperate volontà di imposizione, sì, lo stesso è vostro, sempre vostro.

Io ve l’ho donato lassù, quando, venendo alla luce, sono stato posto nella mangiatoia e, già in quel momento, posso dire di essere salito sul Calvario.

Per questo vi dico, che sin dal primo momento, qui sulla terra, ho riconosciuto che voi eravate i miei fratelli, le mie speranze, il mio dono, il mio sostegno.

Ora vengo per chiedervi asilo.

Ospitatemi. Ricevetemi nel (mio) vostro cuore. Soffrite con me. Adagiatemi nel vostro grembo.

Sono Gesù, il Salvatore, venuto a salvare le anime, le anime di tutto il mondo e, in particolare, le anime degli irredenti, di coloro cioè che non mi permettono di salvarli.

Sono venuto a depositare in mezzo a voi questo Cuore, maltrattato e umiliato, perché voi lo accarezzaste, perché lo copriste di baci, perché, sollevandolo dal luogo nefasto, dove gli altri lo hanno depositato, possiate riconoscerlo come vostro e condurlo nel vostro petto.

E’ il mio cuore vagabondo, che io porto, ogni notte, lungo le strade della città, sorvolando sui sobborghi e riproducendo in ogni angolo la stessa fatidica attesa dell’uomo che vive nella speranza che qualcuno l’accolga nel proprio letto e gli dia da mangiare, che lo pasca e poi lo riconduca presso l’altare.

 

E’ un’attesa vana la mia, voi già lo sapete. Mi avete riconosciuto sempre, là dove mi hanno posto, nel piccolo tabernacolo.

Per questo vengo, perché so che voi mi amate e credete in me. Gli altri, coloro che vivono fuori, che preferiscono andare per le strade, costoro sono i fratelli da salvare, quelli verso i quali io vi mando, quelli ai quali chiedo di porgere le vostre braccia in un abbraccio fraterno, amichevole, profondo, sostenuto dal mio amore.

 

Nessun altro amore è grande come il mio.
Per questo, vi chiedo di confortare, di sollecitare, di stimolare, di condurre alla presenza mia tutti coloro che indugiano, che stentano, che zoppicano, che vivono lontano da me.

E’ un andirivieni continuo, un continuo sprofondare nella mota della strada, è un continuo lasciarsi andare fra le violenze del mondo. Ed è questo che io voglio, invece, riparare per condurre l’uomo alla salvezza.

Tutto questo non può avvenire, se non con la partecipazione di tanti altri uomini pronti ad offrirsi per gli altri che non capiscono e non credono.

Per questo vengo.

Per questo sollecito le vostre preghiere.

Per questo indugio nei vostri cuori.

Per questo vi prego sommessamente, tacitamente: Non indurite il cuore, ma apritelo, apritelo fortemente, strenuamente al dolore, perché soltanto il dolore può condurre l’eremita che sta lontano, l’uomo cioè che preferisce vivere da solo, appartato, isolato, dipendente solo dalla propria volontà, che cioè esclude dalla sua presenza la mia, perché portatrice di troppe novità, di troppe cose che egli non comprende e non accetta.

 

Ma se il dolore può tanto, perché, voi mi chiederete, o Signore, tu permetti che questo accada? Perché, Signore, tu permetti che questo dolore non addolcisca, poi, la persona amata, la persona sofferente, la persona tentata?

Ed io, allora vi rispondo. Date tempo al tempo, conducete ogni cosa dinanzi a me, poiché sono io che faccio fiorire e le rose e le viole e che conduco i venti al giusto posto e riporto ogni cosa al suo luogo adatto.

Per questo, non lamentatevi se ancora attendete.

Non lamentatevi se ancora avete motivo di dubitare sulle grazie richieste, perché esse verranno, e sì, come verranno! Esse sono state tutte quante accettate, tutte quante credute. Bisogna che il vostro cuore indolenzito, appesantito dalle ansie, dalle sofferenze, dalle lugubri attese, sappia essere ancora totalmente abbandonato al mio, perché, soltanto così, nell’abbandono totale in me, voi troverete la pace, troverete l’amore, troverete il ritorno dei vostri cari, dei vostri amati, di tutti coloro che voi volete consolare, di coloro che, invece, vi sconsolano, di coloro che vi affliggono, di coloro che non vi comprendono, di coloro che vi maltrattano e possibilmente non vi guardano neppure.

 

E’ un modo strano il mio amore per gli altri.

E’ un modo strano il modo con cui io vi chiedo di amare i vostri fratelli.

Lo so, non è del genere umano. E’ un amore completo e totale, un amore puro, un amore angelico, che guarda soltanto il dolore e, attraverso il dolore, alla gioia intima.

Perciò vi chiedo di sostare dinanzi a me, di pregare, di accogliere le mie parole, di contenerle nel vostro cuore e di disprezzare tutto ciò che non viene da me, poiché ciò che non viene da me porta male, porta scompiglio, porta guerra, distruzione, porta amarezza, dolore e nulla più.

 

Il dolore variopinto delle cose del mondo è un dolore fatuo, un dolore non fertile, un dolore senza niente, un dolore che va da sé così, partorito da lacrime umane, destinato a morire fra le cose umane.

 

Il dolore, invece, innalzato sapientemente davanti all’altare, è un dolore che muta le cose del mondo, che le trasferisce e le cambia, portandolo lontano verso la eternità.

 

Sono le cose di sempre che voi già conoscete, ma che io amo ripetere continuamente presso di voi per addolcire il vostro muto lacrimare, per sostenere le vostre sofferenze, per innalzare il vostro spirito alla adeguata necessità di appartenere al mio Vangelo.

 

Voi siete il mio Vangelo vivente.

Voi siete l’arcobaleno, che, dal cielo si posa sulla terra.

Voi siete la lampada accesa che io voglio porre sul lucerniere, perché possa illuminare tutto intorno.

Voi siete il sale con il quale necessita condire le pietanze utili alla alimentazione dell’uomo. Voi siete, cioè tutto ciò che io, pascolando qui sul mondo, ho lasciato di perfetto e di soave, perché possa essere adatto, anzi pronto a lenire le sofferenze dell’uomo.

Per questo vi ripeto, ondeggiando, ogni volta che vengo, fra l’altare e i vostri scanni, per questo vi ripeto sempre le stesse parole. Muto e solingo vengo in mezzo a voi perché mi riconosciate, perché comprendiate che sono il Dio dell’amore, perché posando il vostro capo sul mio petto, abbiate ad averne coraggio, sostegno, amicizia, conforto, passione d’amore tale da sconvolgere il mondo, trattenendovi soltanto al mio braccio, forti, possenti, animatori di un mondo nuovo, portatori di una duplice sapienza, quella divina calata nella umana.

Io così vi voglio, eternanti l’amore di Dio sulla terra, portatori di pace e di conforto, sublimatori della parola del Padre, perché tutti possano comprendere che Gesù di Misericordia è sceso sulla terra per portare l’amore, insieme alla Misericordia, al perdono, all’amplesso più grande per i fratelli più poveri, per i mal nutriti, per i senza niente, per coloro che, peccando, esulano e vanno via, vanno lontano da me e perdurano nella lordura delle loro colpe, senza accorgersi del male fatto.

 

Io, portando in mezzo a voi la Parola, vi esorto a vivere nella mia contemplazione, lasciando perdere ogni qualsiasi altra cosa, che possa posa sconvolgere la vostra mente e il vostro cuore.

 

Additate soltanto il mio cuore.

Additate soltanto il mio amplesso.

Additate soltanto la mia sofferenza.

E’ là che vi attendo, perché è là che io condurrò ognuno di voi, attraverso l’una o l’altra strada, inequivocabilmente e irrepetibilmente per ognuno di voi, perché ognuno di voi, essendo caro al Padre, per il Padre, e, insieme a me, condurrò l’amico al pascolo giusto.

 

Siete gli amici miei terreni.

Siete i miei seguaci.

Siete i miei amanti.

Siete i miei soavissimi compagni di viaggio, ondulanti con me, oscillanti fra la gioia e il dolore, fra la sofferenza e l’entusiasmo, fra la letizia e la tristezza, fra l’angoscia e la gioia più grande.

Siete gli amici di «Jesus Christus», amatore di tutti gli uomini della terra.

Per questo vi ho scandagliati, vi ho portati da un posto all’altro, perché voi figuraste in questo luogo come rappresentanti di genie nuove.

 

L’amplesso! Oh, l’amplesso! L’amplesso mio verso ciascuno di voi sia la vostra fortezza, sia il vostro coraggio, sia la vostra potenza verso le inevitabili violenze che si scatenano ogni giorno sul vivere umano. Le violenze della carne, le violenze della volontà imperiosa dell’uomo, che tende a sopraffare l’altro, le violenze diaboliche di Satana, le violenze trepidanti di colui che cerca di sconfiggere l’uomo per distruggerlo e condurlo con sé.

Ed io vi voglio forti, coraggiosi, possenti e audaci, capaci di sommuovere ogni cosa per riportare tutto all’originale sua quiete.

Questo vi chiedo, non il bamboleggiamento, attraverso stordite, vaghe parole terrene. Non l’incresparsi delle vostre sopracciglia e del vostro volto, fra facezie inutili. Non lo scialacquarsi fra inutili, stupide cose della terra, ma l’austera presenza dell’uomo in mezzo agli uomini, perché essi vedano e comprendano che la sapienza di Dio è opera anche dell’uomo sulla terra per amore di colui che ne è il creatore, ne è il salvatore e il glorificatore.

 

Queste parole soavi che io affido a voi ogni volta, venendo in mezzo a voi, siano per voi sapienza, verità e lume, lume di gioia, lume di condiscendenza, lume di fratellanza, lume di benevolenza, perché, attraverso queste parole, io vi chiedo di appartenere a un mondo nuovo, al mondo della vita, al mondo della apoteosi dell’uomo, attraverso il suo Dio, datore di tutti i beni, di tutte le grandiosità celesti che possono, sì, vivere sulla terra, a danno e a scapito delle virulenti passionalità umane.

Condurre la mia parola altrove, portarla agli ammalati, ai soffocati, ai carcerati, ai violentati; portarla con dolcezza e amorevolezza a tutte le donne, mamme e non mamme, soavissime compagne dell’uomo di oggi; portarle ai fanciulli, portarle ai giovani, portale ai papà, portarle ai nonni, portarle, in una parola, a tutti, in un amplesso gioioso e nuovo, che è quello della misericordiosa presenza di Gesù Eucaristia in mezzo a voi.

Il dono più grande che il cielo abbia potuto dare alla terra, in questo ha bisogno di dolcezza nuova, di tenerezza nuova, di pace.

 

La pace, che voi stasera chiederete nel nome della Madre mia, è la pace che io ho portato già tantissimi secoli fa, venendo a nascere in mezzo a voi, predicando, così come faccio ora, da un luogo all’altro, da un villaggio all’altro, impolverato, inzaccherato di fango, coperto di stracci, vilipeso, maltrattato, irriso, violentato, molto spesso, da garzoni ambulanti, da uomini senza niente, incapaci di intendere e tante volte anche disprezzato da monelli garruli incontrati lungo la via.

Che io li ebbi a fare? Che io li ebbi a dire? Nulla. Attesi soltanto che il Padre mi dicessi vai ed andai. Presi la croce e la portai dove voi sapete, rimanendo inchiodato lì, perché così voleva il Padre, perché così si compisse quella sua straordinaria, meravigliosa parentesi di amore, che avrebbe rivelato al mondo intero il suo soccorso paterno, il suo zelo, zelo, il suo scendere in mezzo agli uomini per rimanere con loro e poi trarre da loro tutto l’amore possibile e immaginabile.

Questo io feci e questo io chiedo ancora a ciascuno di voi ed ad ogni uomo che si avvicenderà nella storia terrena, perché l’uomo nessun’altra cosa ha da compiere se non il vivere e morire per lui, che è il Dio datore di ogni bene.

 

L’amplesso che, questa sera, vi porto è un amplesso particolare, molto caro, che io rivolgo ad ognuna di voi, per ognuna di voi possa comprendere quale straordinaria possanza esista sulla terra nell’uomo stesso, sempre che voglia appartenere al Dio della luce.

Voglio stasera che il vostro cuore ritorni sereno, ampliato dal mio amore.

Voglio stasera che gli angeli santi cantino per voi le più dolci, melodiose parole.

Voglio stasera ricondurre in mezzo a voi il parlato di sempre, la mia parola. Questa giunge nel momento giusto, dopo che io, tramite Gabriele, Michele e Raffaele, ho condotto in mezzo a voi la Madre mia, Maria, perché, esulando da ogni altra specie, fosse lei a costituire tra voi la prima comunità di Chiesa ambulante, portatrice cioè di un messaggio di vita e di amore, il messaggio di Gesù misericordioso, il messaggio di colui che ha il cuore trafitto e per amore.

E’ questa comunità che io sposo nell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

E’ la comunità a cui chiede di andare e di portare, ovunque la si richiederà, la mia parola, perché essa rinnovi nel profondo di ognuno di voi, l’amore lasciato sulla terra, scritto appena appena, vergato dalle mani tremule dei miei seguaci, questa parola che nulla ha di nuovo, ma tutto di antico, rinnoverà nell’uomo l’amore di sempre, la carità di sempre, la benevolenza di sempre, la povertà di sempre, le stesse uniche parole pronunziate da me nel giorno di sole in cui il Padre mio pose me sulla terra, perché gli uomini uscissero dalle tenebre per illuminarsi e redimersi una volta per tutte.

E’ questa parola, che io vi dono, che affido alle vostre orecchie, ma più ancora alla semplicità dei vostri cuori, io chiedo che sia condotta ai fratelli, alle sorelle, ai poveri, ai miseri della terra, ai nullatenenti, a coloro i quali nessuno pensa, a chi è tradito, a chi è maltrattato, a chi è vilipeso, a chi è stordito dalle violenze del mondo, a chi soprattutto sopraffatto dalle inimicizie e dalla cattiveria.

Io voglio che tutti riconoscano me, che sono il salvatore, l’amico di sempre.

Io voglio che tutti sappiano che sono il Dio dell’accoglienza, del perdono, della Misericordia, dell’eterna clemenza.

Voglio che ogni peccatore senta in me l’aiuto necessario per redimersi, per ritornare a vivere, per appartenere alla schiera dei più, di coloro cioè che vivono appartenenti al regno della gloria.

Voglio che ogni uomo sappia che Gesù vive ancora in mezzo agli uomini, che Gesù non è andato via, che Gesù appartiene al genere umano per sempre, perché lo ho sposato sulla croce, lo ha redento, lo ha avvinto a sé, trascinando con sé uomini e donne, piccoli e grandi in uno stesso lancio impetuoso d’amore.

 

Perché l’uomo si trascina rasente il fossato e non comprende?

Perché l’uomo continua a vivere inzaccherato nella mota del tempo? Perché? Ditemi: Perché?

Perché nessuno parla di me, perché nessuno testimonia me, perché nessuno si spoglia come me, perché nessuno ride come me, perché nessuno parla come me, perché nessuno promette come me, perché nessuno si accampa come me, perché nessuno finalmente si avvinghia all’altro come me.

Nessuno.

Tutti vivono alla spicciola. Tutti appartengono a un altro mondo e poi raffinano la loro parola, trasferiscono la loro andatura, serpeggiano attraverso una manipolazione della parola.
Ecco perché tutti gli altri vivono separati da me, perché non c’è nessuno che crede in me, perché non c’è nessuno che cerca me, perché non c’è nessuno che va e viene da me.

 

Io chiedo che gli uomini di oggi e di domani sappiano appartenermi, sappiano vivere come sono vissuto io, sappiano condurre il fratello così come io conduco voi, sappiano redigere per lui le stesse amate parole che io pronunzio davanti a voi.

Per questo vi chiedo di pregare perché il mondo conosca tempi migliori, perché il mondo abbia uomini nuovi, perché il mondo comprenda che l’uragano della guerra, impetuoso e violento, presto promuoverà nuovi secoli di vita e di eternità.

 

L’uomo impazza, lo so.

L’uomo soffre, lo so.

L’uomo dolora, lo so.

Per questo sono qua.

Nessuno, nessuno avrebbe potuto chiedermelo. Io sono venuto perché amo l’uomo, perché vivo con l’uomo, perché appartengo all’uomo. L’ho chiesto al Padre ed io ho l’uomo in me. Io vivo con lui, vivo per lui, vivo in lui. Adoperando le stesse parole io mi adagio nella stessa sua povera cunetta, perché possa comprenderne le sofferenze e i dolori, perché possa trovarne le stesse gioie e gli stessi amori. Io vivo insieme a lui, mi copro con lui, passeggio con lui, appartengo a lui in tutte le sue infinite cose, perché voglio essere come lui.

Ma lui perché non vuole essere come me?

Ve lo siete chiesto perché?

Io vi dico, o amici, che questo avviene perché nessuno è più Gesù sulla terra, perché nessuno è più Gesù in mezzo agli uomini, perché nessuno è più Gesù a consolare gli uomini, a guarire gli uomini, a soffrire con gli uomini, a piangere con gli uomini, ad amare con gli uomini, a sacrificarsi con gli uomini, ad appartenere agli uomini come io appartenni, come io soffrii, come io gioii, come io parlai, come io camminai, come io mi vestii.

Ed è per questo che torno, che vengo in mezzo a voi, perché, rispolverando le vostre cose, possiate comprendere ciò che è giusto mantenere e ciò che è superfluo da rigettare, perché, imparando da me, possiate comprendere le cose eque e quelle ingiuste, possiate percorrere la stessa strada, ponendo i vostri piedini nel posto in cui io ho posato i miei.

Per questo, per questo, sì, solo per questo vengo. Solo per questo pronunzio tali parole. Solo per questo mi adagio in questi miseri luoghi. Solo per questo vi supplico perché non vi dimentichiate di me, solo per questo indugio e parlo, sì, parlo, nonostante tutto, nonostante le offese, nonostante gli andirivieni nonostante le incostanze, nonostante le bugie, nonostante le insofferenze, nonostante le escandescenze, nonostante tutto ciò che non è da me e che tuttavia popola tutti voi, in ogni momento, perché ogni momento è espressione in voi di una eternità senza tempo.

La mia venuta conduce alla vita, la mia venuta porta alla luce, la mia venuta glorifica il Padre, che è nell’alto dei cieli.

 

Glorifichiamo, sì, insieme, stasera e sempre, glorifichiamolo, tramite la Madre, che implora e soffre per ognuno di voi.

 

La pace sia con voi.

Ritorno sì, ritornerò subito dopo la preghiera e starò con voi, indugiando fra le pieghe delle vostre vesti, sollevando il vostro cuore dall’amarezza in cui è piombato, riconducendo la vostra mente alla luce e alla serenità di sempre, riportando la vostra tenerezza e la vostra amabilità nel posto giusto, ove si conviene che sia, nel Cuore di Maria.

 

Amatevi. Duplicate il vostro amore, anzi triplicatelo per chi piange, per chi soffre, per chi ha amarezza, per chi non riesce a comprendere, per chi è lontano, per chi mi tradisce, per chi insolentisce, per tutti coloro che non amano, che non patiscono per amore, che non soffrono quanto necessita per riscattare se stessi e gli altri, tramite il dolore. Partorisco la mia pace in mezzo a voi, attraverso il canto degli angeli e l’annunzio della divina Madre, Maria.

Addio.

 

La pace sia sempre con voi, sia sempre con voi, sempre, sempre, ogni giorno, in ogni momento.

Sia la pace nei vostri e nelle vostre menti, nello spirito vostro, perché soltanto così potrete annunziare il regno dei cieli.

Addio.

 

Posatevi nel mio cuore e pregate perché l’annunzio della parola è giunto in mezzo a voi e voi lo ascoltate.

 

 

02. – I cirenei nella sofferenza e nel dolore.

(FV 290196LcsB n03 Catechesi)

 

La pace del Signore sia in mezzo a voi.

Ritorno in mezzo a voi, o figli miei, adorati fratelli, o amabili compagni del mio essere sulla terra.

Vi concedo quanto mi chiedete.

 

Abbiate Misericordia per chi sbaglia.
Abbiate Misericordia per chi non comprende.

Abbiate Misericordia per chi accresce la sofferenza degli altri, non riuscendo a sostenere la propria.

Io fui aiutato lungo la via dall’amato di Cirene.

Egli sorresse la mia croce. Fate così anche voi con i fratelli dubbiosi e incerti. Siate voi i cirenei nella sofferenza e nel dolore.

Addio.