
ESSERE COME SAN FRANCESCO CON LO SGUARDO IN ALTO E GLI OCCHI IN FRONTE PER GUARDARE I POVERI DEL MONDO CON L’OCCHIO DI DIO E L’AMORE INFINITO DI CRISTO A PIEDI NUDI PER LE STRADE DEL MONDO ALLA RICERCA DEGLI UOMINI PER RENDERLI AMANTI DI CRISTO E IMMAGINI DELL’AMORE DEL PADRE
San Francesco era un uomo di mondo e sapeva vivere con totale dedizione con i giovani del suo tempo, aiutato molto dalla ricchezza di famiglia.
Ma quello che ha vissuto prima della conversione non era secondo la volontà di Dio.
Dio lo chiamava a vivere con gli occhi in fronte e non con gli occhi rivolti solamente alla terra, sebbene proprio questa fosse la prima fase della sua vita.
In che senso noi possiamo fare questa affermazione?
Gli occhi di Francesco, durante la sua giovinezza erano rivolti esclusivamente al mondo e alla bella vita del tempo.
Questa sua visione della vita terrena si interrompe quando comincia a guardare un’altra realtà: l’amore di Cristo che lo ha portato ad accogliere la croce per gli uomini.
Invece di guardare continuamente alla terra, alla vita di un mondo senza Dio, ad un certo punto possiamo dire che, in Francesco, si sviluppano gli occhi in fronte.
Che cosa vuole dire?
Vuol dire cambiare visione della vita. Vivendo in un mondo cristiano, la sua vocazione non poteva essere che quella di Cristo, sceso dal cielo per aver cura degli uomini e portarseli in cielo.
Ciò ha significato per lui la morte di tutto ciò che è caduco e la vita eterna inizata a vivere su questa terra, prima ancora di spegnersi il suo soffio vitale.
In san Gregorio di Nissa troviamo queste belle e semplici espressioni che ci possono essere utili nella considerazione del cambiamento di vita in San Francesco.
“Se l’anima solleverà gli occhi verso il suo capo, che è Cristo, come dichiara Paolo, dovrà ritenersi felice per la potenziata acutezza della sua vista, perché terrà fissi gli occhi là dove non vi è l’oscurità del male.
Il grande apostolo Paolo, e anche san Francesco, con altri grandi come lui,
avevano «gli occhi in fronte»
e così pure tutti coloro che vivono, che si muovono e sono in Cristo.
Colui che si trova nella luce non vede tenebre, così colui che ha il suo occhio fisso in Cristo, non può contemplare che splendore.
Con l’espressione «occhi in fronte», dunque, intendiamo la mira puntata sul principio di tutto, su Cristo, virtù assoluta e perfetta in ogni sua parte, quindi sulla verità, sulla giustizia, sull’integrità, su ogni forma di bene.
Il saggio dunque ha gli occhi in fronte, ma lo stolto cammina nel buio (Qo 2,14), cioè non pone la lucerna sul candelabro, ma sotto il letto, fa sì che per lui la luce divenga tenebra.
Quanti si dilettano di realtà perenni e di valori autentici, sono ritenuti sciocchi da chi non ha la vera sapienza.
E’ in questo senso che Paolo si diceva stolto per Cristo. …
Dice infatti: Noi stolti a causa di Cristo (1 Cor 4,10) come per dire: Noi siamo ciechi di fronte a tutte quelle cose che riguardano la caducità della vita, perché fissiamo l’occhio verso le cose di lassù.
Per questo noi possiamo ritenere che San Francesco si fece povero, visse senza un tetto, senza una sua mensa, visse povero, errabondo, nudo, provato dalla fame e dalla sete, perché aveva gli occhi in fronte, lo sguardo rivolto sempre a Cristo.
Chi non lo avrebbe ritenuto un miserabile, vedendolo in catene, percosso e oltraggiato? Egli non distolse mai i suoi occhi da Cristo, ma li tenne sempre rivolti al capo, dicendo: Chi ci separerà dalla carità che è in Cristo Gesù? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? (cf. Rm 8,35). Vale a dire: Chi mi strapperà gli occhi dalla testa? Chi mi costringerà a guardare ciò che è vile e spregevole?
A noi comanda san Paolo di gustare le cose di lassù (cf. Col 3,1-2) cioè di tenere gli occhi sul capo, vale a dire su Cristo (Dalle «Omelie sull’Ecclesiaste» di san Gregorio di Nissa, vescovo; Om. 5; PG 44, 683-686; br 564*).
Proprio per questo san Francesco, volgendo sempre gli occhi al di sopra della sua testa, fu sempre proteso verso il Capo, verso il Cristo provero, crocifisso e risorto.
San Francesco non disdegnò di calpestare con i suoi piedi la nuda terra per trascinare ed elevare il proprio sguardo verso l’Amato, verso l’Amore non amato dagli uomini.
Caratteristica essenziale, quindi, nella sua vita è stata proprio questo immersegersi nel Serafino alato, prenderne tutto il fuoco d’amore e l’ardore della Passione, trascinando dietro di sé tutti coloro che con lui hanno posto i loro occhi in fronte, perché guardando Cristo crocifisso potesse attrare a sé ed a Cristo, quante più anime fosse possibile.
Ebbe, anche lui, Francesco, come San Paolo, gli occhi in fronte e solo così potè riuscire a riflettere su Cristo la povertà degli uomini con tutte le esigenze particolari e l’amore infinito di Cristo, per l’umanità intera.
Guardando la realtà umana con gli occhi di Dio e di Cristo ha trasformato la sua vita in un’ostia, offerta dinanzi all’altare del Padre, perché accogliendo l’offerta di Cristo sulla croce potesse anche allora accogliere l’offerta della vita di Francesco per salvare quante più anime fosse possibile.
Anche la nostra vocazione dovrebbe essere la stessa: Avere gli occhi in fronte, guardare le necessità degli uomini dall’alto del cielo con l’Occhio di Dio, con gli occhi di Cristo e provvedere con l’ardore serafico di San Francesco d’Assisi.
Ecco, commemorando il beato Transito di san Fracesco, vogliamo apprendere ad elevarci fino sulla punta più alta del legno della croce per guardare la terra e gli uomini, bisognosi Cristo, con questi occhi splendidi di Gesù, nella sua funzione vicaria di offerta della sua vita al Padre.
Questa perfetta comunione con Cristo ha fatto sì che anche Francesco divenisse un Serafino stimmatizzato come supporto a Cristo per redimere l’umanità intera.
Impariamo allora ad avere gli occhi in fronte, a non guardare solamente la terra fino ad escludere la visione del cielo, ma dall’alto della croce di Cristo impariamo, come Francesco, ad operare per la salvezza nostra e di tutti gli altri uomini, nostri fratelli.